Lo ha spiegato il presidente di Oricon Carlo Scrasciotti a Tgcom24: il sistema è pronto, con le dovute precauzioni
L’emergenza sanitaria da Covid-19 e il blocco delle attività hanno avuto conseguenze rilevanti sul settore della ristorazione collettiva. Ci sono oltre mille aziende in Italia che assicurano annualmente più di 1 miliardo e mezzo di pasti, sicuri e controllati a bambini, studenti, lavoratori, malati e ospiti delle case di cura, per un mercato del valore di 6 miliardi di euro; e ora sono in profonda crisi economica. Tgcom24 ne ha parlato con Carlo Scrasciotti, presidente di Oricon, l’Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione, che riunisce il 60% degli operatori del settore, realizzando una lunga intervista dalla quale emerge che “La ristorazione collettiva opera da sempre ai massimi livelli di sicurezza e sappiamo come continuare a garantirla anche in futuro. Far venir meno la ristorazione collettiva nelle scuole vuol dire abbandonare le famiglie. Nelle fasce più deboli della popolazione, messe in difficoltà dall’emergenza che sarà destinata a durare per mesi, il pranzo a scuola spesso rappresenta l’unico pasto completo della giornata”.
Con il Covid-19, spiega Scrasciotti, c’è un rischio di perdita totale dell’occupazione per 39mila addetti, prevalentemente a tempo indeterminato, in caso di non ripresa delle attività scolastiche a settembre 2020. Il danno economico stimato è pari a un -40% per le aziende, con ricadute rilevanti anche sulla catena degli approvvigionamenti.
Il sistema scolastico è un ambito che richiede un ripensamento complessivo delle sue modalità di fruizione. “Oricon vuole essere parte attiva di questo processo di ricostruzione dei servizi educativi – risponde Scrasciotti – Il pranzo a scuola ne è una parte integrante in quanto non è solo ‘nutrire’, ma è anche e soprattutto inclusione e abbattimento delle disuguaglianze sociali. Il servizio mensa non coinciderà necessariamente con il luogo-mensa. Ove possibile si potrà prevedere l’erogazione dei pasti direttamente nelle classi attraverso dei lunch box realizzati ad hoc. Laddove il pranzo non sarà consumato all’interno delle classi, saranno adibiti più luoghi della struttura scolastica per garantire effettivamente spazi più ampi e quindi un maggiore distanziamento tra gli alunni. Palestre, locali non utilizzati, tensostrutture allestite negli spazi aperti di pertinenza dell’istituto scolastico potranno essere adibiti a mensa per permettere agli alunni di consumare il proprio pasto in luoghi meno affollati. Verranno impiegati pannelli in plexiglas e separatori per garantire la distanza e, ove possibile, sarà preferibile l’uso di tavoli singoli. Alcune modalità di consumo, come il self-service, potranno essere riviste per garantire meglio il distanziamento”, continua il presidente Oricon. Sarà garantita l’applicazione di rigidi protocolli di pulizia e disinfezione dei refettori. “Attraverso l’adozione di tutti gli strumenti di sicurezza necessari – spiega – dovrà essere garantita la possibilità di offrire adeguata assistenza da parte del personale sia per limitare il rischio di non rispetto della distanza sociale sia per aiutare gli alunni più piccoli e non autosufficienti a consumare il proprio pasto”.
Per quanto riguarda la gestione degli accessi, “Per ridurre l’assembramento sarà necessario definire più flussi di accesso ai locali mensa in orari diversi. Se possibile, sarà poi necessario definire percorsi differenziati per accedere ai locali mensa al fine di evitare l’aggregazione anche nelle fasi di ingresso e di uscita. Si procederà all’adeguamento del servizio mensa alla nuova organizzazione della didattica delle scuole. Per esempio, classi con la stessa lezione in turni mattutini usufruiranno di un pranzo take-away, quelli pomeridiani avranno un pranzo nei locali individuati. Non solo il servizio ma anche i menù andranno riprogettati – spiega Scrasciotti – per garantire maggiore sicurezza e velocità nel consumo prevedendo, per esempio, piatti unici, cestini freddi termosigillati. Sarà necessario adottare condimenti monoporzione per evitare il passaggio di mano. Laddove non sono già disponibili sistemi di sterilizzazione delle posate o non sono adottabili, sarà necessario fare ricorso alle posate monouso. A costo di ripetermi, voglio dirlo: sì, noi siamo pronti”.
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