L’eclettico artista agnonese espone fino al 28 agosto con il patrocinio dell’assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli e la supervisione artistica di Franca Nocera e Italo Marinelli


AGNONE. Il gran giorno è arrivato e lui, Hen-Zo, lo mostra a tutti con orgoglio. Come una tela che prende forma, che si anima di gioia di vivere.

Le sue opere saranno in esposizione da domani e fino al 28 agosto, nelle sale prestigiose di Castel dell’Ovo. E’ l’accogliente e multiculturale Napoli ad aprire le porte alla mostra del promettente artista agnonese Enzo De Simone, una antologica realizzata con la supervisione artistica di Franca Nocera e Italo Marinelli, con il patrocinio dell’assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune partenopeo.

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Hen-Zo rilancia sul proprio profilo Facebook le foto dei tetti e della pizza napoletana, gli abbracci degli amici e gli sguardi sornioni ma appagati: i gesti normali di una quotidianità squarciata dall’arte. E’ lei il mezzo, un marchio unico, che lo racconta in ogni dettaglio.

Enzo De Simone vive e lavora in un casolare diventato una sorta di enclave dell’arte e dei rapporti umani. Degli affetti perduti e di quelli che nascono ogni giorno, del dolore e del sorriso, della magia che riesce a trasmettere quando l’idea prende forma e diventa quel tratto forte e riconoscibile che anima ogni sua opera d’arte.

Colori forti, decisi e sfumati. Amici che diventano personaggi di tele che strabordano di vita e di passioni, di anima e cuore.  Quel tratto nel quale Italo Marinelli ha riconosciuto immediatamente il genio. Ed è proprio il pediatra agnonese con la passione per l’arte che racconta Hen-Zo, che lo dipinge senza pennello, che gli regala colori brillanti e vivi, che lo cesella finemente raccontando quella sua curiosità verso il mondo, quei sorrisi mai pieni che parlano di quel peso sull’anima che lo sguardo dell’artista porta con sé fin da bambino.

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“Hen-zo è solo anagraficamente un cittadino italiano. In realtà vive e lavora in un mondo parallelo, SLP, lo Stato Libero di Pappullo. Un mondo fatto di musica, di colore, di gioia di vivere. Un mondo sovrastato da un pantheon dove convivono, in allegra promiscuità, Milton e Maradona, Modigliani e i Deep Purple, Corto Maltese, Bukowski e Celine. Un mondo dove si combatte quotidianamente la battaglia contro il dolore e la malattia, contro le ossa che fanno male e i farmaci che bucano lo stomaco. Un mondo dove non c’è spazio per l’ipocrisia, il perbenismo, i luoghi comuni. Un mondo difficile da descrivere, un mondo da vivere. Hen-zo – scrive Italo Marinelli -, nella sua masseria-atelier ai piedi di Agnone, in un Altissimo Molise ancora impervio e inaccessibile quasi come al tempo dei Sanniti, dove vive e lavora circondato da una biblioteca eccentrica e coltissima, protetto da mura affrescate; Hen-zo e la sua musica rock rigorosamente vinilica, la sua tavolozza, un arcobaleno di colori.

Nel suo mondo si è sopraffatti da quadri alle pareti o sparsi dappertutto. È difficile definire le sue opere: pop art, autobiografismo, realismo magico, raffinato naive? Le sue bellissime donne, i suoi amici, la quotidianità del Bar dei Poeti sono illuminati e trascesi dal suo sguardo. Uno sguardo attento, curioso, partecipe.

Uno sguardo vivo, intenso, infantile. Uno sguardo condiviso con il suo alter ego, il pestifero e simpaticissimo nipotino che ha ribattezzato Fibra, un piccolo diavolo, o un Piccolo Principe, che Hen-zo ama alla follia e Fibra ricambia regalandogli l’intensità e la leggerezza di una visione infantile, coloratissima e felice della realtà. Un fanciullino, due fanciullini che neanche un Giovanni Pascoli in trip psichedelico avrebbe potuto immaginare. Hen-zo conosce benissimo il dolore, la malattia, la fatica dell’esistenza ma di tutto ciò nei suoi quadri non c’è traccia, se non in qualche sguardo malinconico o in una parete di mattoni metafisica o in qualche apparente discrasia anatomica. La sua cura, quella dell’anima, si sprigiona attraverso le sue opere. Della sofferenza non ha paura, la combatte e la sconfigge con la gioia di vivere, con la bellezza, con l’irriverenza e lo sberleffo. Hen-zo, il padrone, il re e lo schiavo di SLP, ha costruito un mondo dove vince sempre la forza dell’arte. E vaffanculo all’artrite reumatoide!

Questa mostra è un percorso; le opere sono il risultato ed il racconto di una vita. Hen-zo condivide con noi la gioia, il colore e la bellezza. Tutto il resto è noia”.

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