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“Ho i sensi di colpa per le gemelline uccise nel Tevere”. Il primario ricorda la tragedia che sconvolse il Molise

Dopo l’esperienza di Pina Orlando, giovane madre agnonese che si tolse la vita insieme alle figliolette di 5 mesi. Il Policlinico Gemelli di Roma ha dato vita ad un centro aperto 24 ore su 24, permettendo ai genitori dotati di un badge di entrare in terapia intensiva ed accostarsi alle incubatrici senza barriere. Garantita anche la presenza di psicologi strutturati piuttosto che chiamati on-demand


ROMA/AGNONE.Sensi di colpa per la morte di due anime innocenti, di appena 5 mesi. Una vicenda, quella delle gemelline Sara e Benedetta, che sconvolse l’Italia intera. Era il 20 dicembre 2018 quando la giovane agnonese Pina Orlando, 38 anni, madre da pochi mesi delle due bimbe, si tolse la vita gettandosi nel Tevere assieme alle figliolette. Una tragedia consumatasi in una manciata di minuti, quando la donna, che da poco viveva a Roma per motivi di lavoro assieme al marito, anche lui di origine agnonese, avvolgendo le due piccine in una coperta di lana e senza nemmeno prendere il passeggino si allontanò da casa. Fu possibile ricostruire l’avvenimento grazie alle telecamere di sicurezza piazzate lungo il tragitto. Fu poi un automobilista a riferire alle forze dell’ordine di averla vista, sospesa su quel ponte. Un secondo prima di lanciarsi nel Tevere, in quelle acque gelide che qualche ora dopo ne avrebbero restituito il corpo senza vita. Hanno poi fatto seguito giorni di ricerche, alimentate dalla speranza che la donna potesse aver lasciato le sue due piccole da qualche parte, in un momento di lucidità. Una speranza che purtroppo si è rivelata vana.

Un gesto estremo, dettato dalla paura che le bambine non sarebbero cresciute perfettamente sane per via dei danni causati dalla prematurità. Pina aveva partorito le due gemelline l’agosto precedente, dimesse dall’ospedale dopo 4 mesi di ricovero. “Quando un bambino muore, esaminiamo subito l’intero percorso di cura per capire se abbiamo commesso un errore o sottovalutato una situazione critica – spiega oggi al Corriere della Sera il dottor Giovanni Vento, primario della Terapia intensiva neonatale del policlinico Gemelli.Gli psicologi e lo psichiatra non avevano individuato in quella donna segnali di rischio. Noi neonatologi, fin dalla nascita delle gemelline, avevamo però allertato gli psicologi perché Pina nel parto aveva perso un terzo gemello e ne era uscita scossa. Però non aveva voluto ricorrere al sostegno offerto”.

Un dolore che ha sconvolto non solo la comunità di Agnone, ma anche i medici che si sono occupati delle piccole e della loro madre. ”Mi porto dietro i sensi di colpa anche se più di così per lei non avremmo potuto fare”, continua il professor Vento raccontando l’esperienza vissuta circa un anno fa con Pina.

Ma la vita va avanti, nonostante le tragedie più difficili da accettare. Come riportato dal Corriere della Sera, l’ospedale ha dato vita ad un centro aperto 24 ore su 24, permettendo ai genitori dotati di un badge di entrare in terapia intensiva ed accostarsi alle incubatrici senza barriere e garantendo loro la presenza di psicologi strutturati piuttosto che chiamati on-demand. ”È stato uno stimolo a migliorare l’organizzazione del reparto favorendo il contatto tra operatori e genitori”, racconta il professor Vento. Che non nasconde la sua commozione. “Nel parlarle con Pina siamo stati realisti, non nascondendo che le bambine avrebbero dovuto recuperare gli esiti di emorragia cerebrale. Un’informazione come questa probabilmente è stata interpretata in modo negativo da un genitore fragile come era lei. Abbiamo fatto tutto ciò che era possibile allora. Però questa storia dolorosissima ci ha insegnato che non basta, che dobbiamo fare e dare di più ai genitori dei neonati prematuri in termini di vicinanza e condivisione. Il nostro impegno non deve esaurirsi nell’assistenza ai bambini, deve andare oltre e focalizzarsi sul gruppo familiare. Noi infatti proponiamo che le terapie intensive anzichè neonatali si chiamino familiari. I genitori fanno parte delle cure”

Pietro Ranieri

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