Il parroco di Caivano impegnato in prima linea contro le associazioni mafiose del territorio ha incontrato gli studenti del capoluogo pentro
di Pietro Ranieri
ISERNIA. Un incontro speciale, partecipato e sentito da ambo le parti. Così stamattina, 16 febbraio, don Maurizio Patriciello è stato accolto dai ragazzi dei licei isernini al Cinema Teatro Il Proscenio. I giovani, le persone che il parroco di Caivano – impegnato da sempre in prima linea contro le associazioni mafiose – ritiene essere i veri custodi del futuro.
Ne è consapevole, don Maurizio, quando racconta dell’arresto di 13 persone proprio ieri notte, tra le quali ci sono coloro che come atto intimidatorio gli recapitarono un piccolo ordigno, 2 anni fa. Proprio il giorno del suo compleanno. Oggi ci scherza su, ma quell’atto segnò l’inizio del suo periodo sotto scorta. E dice: “Ho scritto loro una lettera. Sono contento che li abbiano arrestati, perché è giusto così, ma mi dispiace, perché passare in carcere i pochi anni che abbiamo di questa bella vita è una cosa brutta. E ho detto loro: vi perdono, ma cambiate vita!“.
L’evento, presentato da Mariella Spaziano e organizzato con il Comune di Isernia, ha visto un’introduzione musicale a cura di Franco Scarabeo, con i saluti del sindaco di Isernia, Piero Castrataro, e del cavalier Palmina Giannini. Patriciello è una forza della natura, travolgente anche nei suoi racconti e nelle sue storie, abituato com’è al contatto umano e a parlare con i ragazzi. Si spazia dalla necessità di difendere i propri diritti inalienabili a quella di comprendere i propri doveri di cittadini. Non mancano dei passaggi sulla difesa dell’ambiente e sulle atrocità di bambini e ragazzi che muoiono per cancro, intossicati da una terra avvelenata. “Non avete idea di quanti funerali con bare bianche ho celebrato”, racconta il don: “Se avete ancora un territorio bello, dovete difenderlo, che sia Caivano o Venafro non importa”. E poi accomuna i camorristi a dei “bulli un po’ cresciuti” e ricorda: “Non dubitate: questa gente non ama nessuno, neanche la propria famiglia, neanche i propri figli, amano solo i soldi. E quando sento che si dispiacciono per un figlio che muore, dico che non hanno diritto di dispiacersi, perché in un certo qual modo, quel figlio l’hanno ucciso loro”.