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Isernia, secondo appuntamento per il Paci 2020: l’intervento di Gioia Cativa

Pur nelle limitazioni imposte dalla pandemia continua la rassegna cittadina dedicata all’arte e alla cultura. Ospite, stavolta, il noto critico e storico dell’arte


di Gioia Cativa

ISERNIA. Come sostiene Emilio Isgrò, “Quando la solitudine viene imposta a tutti gli uomini da un virus così insidioso, è chiaro che l’artista, che alla solitudine è abituato, si può ritrovare fraternamente vicino agli altri esseri umani. Non con il distacco che a volte l’arte esprime, ma con la vicinanza che è propria dell’arte migliore. È nei momenti di solitudine che si crea. Cerchiamo quindi di cavare, da un male così terribile, un bene che almeno ci compensi: la possibilità di riflettere e di pensare. Queste parole sono importanti dato il momento che stiamo vivendo perché se i centri di cultura continuano ad essere chiusi, la nostra mente resta libera di vagare, di immaginare e creare. Proprio per questo l’arte ha bisogno di manifestarsi in tutte le sue possibili declinazioni per unire le menti nell’abbraccio di un’emozione.

Per questo l’arte è sociale e lavora per il sociale, annulla le distanze e analizza la società del proprio tempo mettendone a nudo i punti di forza e le debolezze. Quest’anno il P.A.C.I. ha voluto comunque essere presente per dare un messaggio anche in quei piccoli posti dove l’arte sembra un accessorio più che una necessità e, per arte, intendo tutto quello che concerne la cultura e le sue rappresentazioni. E il tema scelto è stato proprio quello del sociale in modo da affrontare l’arte attraverso varie angolazioni e differenti modi di rappresentarla. L’arte è lo specchio della nostra società e rappresenta il modo in cui l’uomo vive questa società e ne esterna le proprie considerazioni. Gli artisti scelti per questa edizione, anomala ma ugualmente presente seppur attraverso altri canali, sono artisti che vivono la socialità dell’arte e mettono la stessa a disposizione del pubblico, mostrando ognuno la propria personale visione.

Giovanni Albanese, Bankeri, Giorgio de Finis, Pablo Echaurren, Dante Gentile Lorusso Carlo Gori, Itto, Veronica Montanino, Federico Lombardo, Nicola Macolino, Antonio Pallotta, Massimiliano Precisi e Michelangelo Pistoletto, sono gli artisti che abbiamo il piacere immenso di avere con noi in questo 2020. Ognuno di questi artisti ci ha dato la possibilità di vedere, osservare e comprendere il proprio lavoro, la propria visione della realtà circostante vista come un’essenza in continua evoluzione. Uno sguardo profondo e presente che cerca di sondare le grandissime potenzialità dell’arte come elemento unificante tra chi crea e chi accoglie questi messaggi.

Il 2020 sarà un anno ricordato nella storia nel bene e nel male ma, allo stesso tempo ha dato modo a tutti noi di porsi importanti domande su quello che rappresenta l’arte. La musica, il cinema, l’arte e la scrittura hanno permesso a tutti di noi di evadere, ci ha permesso di vedere che l’arte può essere apprezzata anche in luoghi e modi diversi da quelli tradizionali a cui siamo stati abituati, che può diventare un momento di aggregazione a “distanza”. Alla luce di questo sarà interessante capire se e come sia cambiata la posizione dell’arte nella società una volta che l’emergenza sanitaria sarà finita e noi potremo finalmente riappropriarci delle nostre vite e delle nostre abitudini. Il valore dell’arte, così duramente colpito, sarà rivalutato o l’idea che ne abbiamo adesso come fattore unificante sarà unicamente transitorio? Sarebbe meraviglioso se l’idea di arte come settore di nicchia, venisse sdoganata in favore di un’idea assolutamente sociale e utile alla crescita della società stessa, intesa come un insieme di valori i quali potrebbero permettere un approccio diverso verso quello che abbiamo intorno.

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