HomeSenza categoriaLa madre di Gabriele Caccavaio: lettera aperta al ministro Cancellieri

La madre di Gabriele Caccavaio: lettera aperta al ministro Cancellieri

CAMPOBASSO. “Egregio ministro Cancellieri, mi chiamo Carmen Fichera, sono la mamma di Gabriele Caccavaio nato a Campobasso l’11.11.1980 ed ucciso sulla strada il 5 agosto 2010. Mio figlio, quel pomeriggio di piena estate, stava tornando a casa, percorreva una strada provinciale che collega due paesi molisani, distante, quasi un’ora, dalla città di Campobasso. In quella strada, ritenuta pericolosa per la presenza di numerose curve, è stabilito, dalla Provincia di Campobasso, il limite di velocità di 50 kmh; un tir, adibito a trasporto di animali vivi ma vuoto, a causa della folle velocità di quasi 100 kmh, rilevata dal disco cronotachigrafo sequestrato dai carabinieri accorsi sul luogo del sinistro, non riuscendo ad affrontare una curva destrorsa, ha invaso la corsia opposta dove, in quel momento, transitava l’autovettura alla guida della quale vi era mio figlio. L’impatto è stato violento e quasi frontale, mio figlio è morto all’istante; costui, è potuto scendere dal mezzo pesante e, vigliaccamente, ha dato una versione riguardo la dinamica dell’incidente risultata, in seguito alle perizie, non veritiera. Nell’ultima udienza del 6 giugno scorso costui è stato rinviato a giudizio. Vede, sig. ministro,voglio evitare di sottrarre spazio ad altre testimonianze e passo, subito al dunque. Quanto è accaduto nella mia famiglia è ritenuta, ormai, cosa di tutti i giorni.. dal momento in cui avviene un incidente stradale mortale, si avvia una macchina spietata ed inspiegabile nella famiglia della vittima. Quel 5 agosto 2010 due carabinieri alle ore 20,00 si sono recati presso la mia abitazione “ per dare la notizia!” Non si tratta di una notizia qualsiasi, tipo “signora, lei è la mamma? Gabriele si è fratturata una gamba, un braccio, sta in ospedale ma stia tranquilla, è vivo!” No! È andata così: “Signora, lei è la mamma ? Gabriele è morto”. Il 118 l’ha dovuto chiamare un familiare, in quanto quei militari sono andati via subito. Un incubo che non si cancellerà mai più, un trauma indelebile e costante, giorno dopo giorno. Eppure, non dovrebbe essere difficile capire come si presenta il “dopo” della morte di un figlio. Urla strazianti, pensieri suicidi, malori, e quant’altro; quello che pesa di più in una famiglia colpita dal dolore più grande in assoluto è la solitudine, il sentirsi fuori dal mondo, abbandonati proprio dalle Istituzioni che dovrebbero, a parer mio, supportare una famiglia che, all’improvviso, si trova sbattuta violentemente di fronte una realtà surreale. Da tre anni, ormai, mio marito ed io stiamo portando avanti una battaglia, finalizzata a dar voce a Gabriele; la Giustizia italiana ha delle gravi responsabilità se un imputato per omicidio colposo ha tutti i diritti di dare la sua versione dei fatti nella piena irresponsabilità, può difendersi con ogni mezzo, può parlare, può sedersi in un aula di Tribunale assumendo un atteggiamento sicuro e sprezzante; fin quando ci saranno pene inidonee, fin quando vedremo fiori sulle strade italiane pensando che in quel tratto di strada vi è stato un incidente stradale dove l’unica cosa certa è un morto e null’altro… nessun colpevole, nessun grave reato, nessuna pena certa, solo un morto e fiori, nulla di più, continueremo a piangere i nostri cari nel dolore e nella, incontenibile, rabbia. In questi tre anni ho avuto modo di vedere, alle udienze, un uomo ben vestito, da lui non abbiamo avuto proferita alcuna parola di “pentimento”, nessuna scusa per aver spezzato, per sempre, una giovane vita piena di progetti e di sogni svaniti in un solo istante. Signor Ministro, posso chiederle che valore dà, Lei, alla vita umana? Io so che la vita umana non ha prezzo, è un bene prezioso che và tutelato e rispettato, ritengo, però, che la morte vada rispettata allo stesso modo della vita se non di più.. chi è in vita può difendersi ma un morto è morto e, come tale, è privato di tutto. Anche, a volte, purtroppo, del rispetto e della dignità di un corpo che, seppur privo di vita è, pur sempre di un essere umano! Mio figlio, quel pomeriggio di piena estate è stato estratto dalle lamiere dopo quasi tre ore, è stato pietosamente coperto da un telo e trasferito all’obitorio del cimitero più vicino; alla sua famiglia la “notizia” è stata data dopo due ore, quando la città, ormai, era a conoscenza dell’accaduto. Non Le ho riportato il testo di una fiction, la mia è una famiglia, come tante, sopravvissuta alla morte di un figlio e in attesa di una sperata Giustizia; la nostra unica speranza è quella di poter arrivare, alla fine di una strada, impervia ed in salita, con la soddisfazione di aver dato un senso alla morte, prematura ed ingiusta, di un figlio. Ritengo che il sacrificio di una giovane vita, spezzata da mani altrui, imponga ai genitori ma, soprattutto alla società, verità, giustizia e rispetto. In questi lunghi mesi l’iter giudiziario è giunto al punto ove si trova, grazie alla nostra determinazione; mio marito, mio figlio Simone ed io speriamo che arrivi presto il giorno in cui potremo avere la serenità nell’anima e nel cuore, potremo poter piangere la morte di Gabriele, allontanando da noi la rabbia che oggi affligge, il nostro povero cuore”.

Con rispetto, Carmen Fichera

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