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Ittierre, insorgono gli ex: garanzia di futuro anche per noi, no a discriminazioni

ISERNIA. Una lettera aperta per chiedere di evitare disparità di trattamento. Perché tutti i lavoratori sono uguali, che siano in mobilità volontaria o ancora alle dipendenze dell’Ittierre. Un gruppo dei 310 lavoratori che hanno scelto, su consiglio dei sindacati, di licenziarsi dall’azienda tessile di Pettoranello, scrivono al presidente della Regione Paolo Frattura. Chiedono garanzie sul proprio futuro, come è giusto che sia per ogni singolo operaio dell’azienda. Perché se, come è parso loro di capire, i sindacati avessero a cuore maggiormente i 247 ancora sotto contratto, allora dietro i consigli di lasciare il posti di lavoro potrebbero profilarsi fosche ombre, tutt’altro che facili da diradare. Il loro appello al governatore è uno solo: attirare nuovi imprenditori in Molise senza dimenticare nessuno, per il bene di tutti. Ecco il testo integrale della loro missiva:

“Gent.mo presidente Frattura,
siamo un gruppo di ex lavoratori Ittierre oggi in mobilità, e, dopo aver letto sugli organi di stampa locali al-cune esternazioni, abbiamo ritenuto doveroso, dal punto di vista etico e lavorativo, rivolgerci a lei per chiarire e sottolineare alcuni aspetti che ci riguardano direttamente.
Cgil, Cisl, Uil e Ugl la stanno esortando a ‘mettere in campo tutte le azioni politicamente possibili per tra-ghettare la gestione dell’Ittierre nelle mani di imprenditori’, pena la sparizione definitiva dell’azienda dal mondo del lavoro. Tale invito potrebbe essere, senza dubbio alcuno, condivisibile, tuttavia contiene una grossa contraddizione. Nei giorni antecedenti il 25 novembre 2014 le stesse sigle sindacali di cui sopra, du-rante un’assemblea, hanno ‘consigliato’ a circa 310 dipendenti della ex Ittierre di aderire a una forma di mobilità volontaria, al fine di non incorrere nelle norme previste dalla Legge Fornero in materia di riduzione degli anni spettanti in caso di accesso alla mobilità stessa nel 2015. Gli stessi hanno espressamente escluso, in quella assemblea, una possibilità di proroga della cassa integrazione straordinaria. Qualche giorno più tardi, anche l’assessore Petraroia, durante un incontro presso la Camera di Commercio di Isernia, organizzato proprio per chiarire i dubbi dei dipendenti riguardo la mobilità volontaria, escluse tale possibilità, perché non c’erano le condizioni tecniche minime per poter rivolgere tale richiesta al Ministero, e ribadì, con estrema fermezza, che le uniche strade da seguire erano la richiesta dell’Area di crisi e l’accesso ai fondi Feg; a tale scopo ipotizzò anche la necessità di ricorrere a eventuali manifestazioni presso il Ministero competente. Oggi rimaniamo basiti ed attoniti quando leggiamo che bisogna porre in essere tutte le azioni necessarie a salvaguardare i 247 dipendenti rimasti ancora alle dipendenze di Ittierre, in quanto altrimenti ciò rappresenterebbe una ‘conseguenza sociale di portata insopportabile per la Provincia di Isernia e per l’intera Regione’. E gli altri 310? Socialmente ed economicamente cosa rappresentano per Cgil, Cisl, Uil e Ugl? Cosa hanno di diverso dai 247? Che sono stati ‘consigliati’ a licenziarsi (autonomamente, sia chiaro) perché era l’unico modo per non trovarsi in una situazione peggiorativa? O perché forse senza di questi, qualcuno aveva già pensato di poter gestire meglio altre operazioni? O forse si doveva cercare di mantenere una parvenza di aziendina, così da giustificare la presenza sindacale sul territorio? Sia chiaro, onde evitare abili strumentalizzazioni da parte di maestri in materia, nessuno sta affermando che i 247 ex colleghi non debbano avere tutte le agevolazioni possibili, ma dal momento che la barca affondata era unica, l’Ittierre, non si possono fare, né dal punto di vista etico né da quello morale, differenziazioni di trattamento, soprattutto da parte di un ente regionale che dovrebbe tutelare tutti nello stesso modo. Inoltre sappiamo tutti che la vecchia Ittierre non può essere traghettata verso altri imprenditori, per l’inesistenza delle condizioni di base: mancanza di appeal industriale, in quanto il magazzino, unica ricchezza di quell’azienda, è praticamente senza valore, vista l’esistenza di innumerevoli capi oggetto di accertamento sulla veridicità degli stessi da parte della Finanza, e visto il fatto che ormai sono prodotti eccessivamente obsoleti per il mondo della moda. Altri imprenditori, se interessati, possono venire tranquillamente a fare impresa in Molise, senza doversi accollare gli oneri di un concordato preventivo in cambio di una scatola vuota. E anche per quanto riguarda i fasonisti non c’è alcuna certezza (anzi forse molti dubbi) che riescano a recuperare quanto previsto dal concordato. Tra l’altro, se dovessimo verificare in un prossimo futuro l’esistenza di condizioni atte a evitare quello che ci era stato prospettato come il normale decorso di tale vicenda, allora dovremo ricrederci su quanto accaduto e dovremo incominciare a pensare d una regia occulta, abilmente studiata ed organizzata per arrivare a un fine diverso da quello che dovrebbe essere la tutela dei lavoratori e degli aspetti sociali ed economici di un territorio. Per tale motivo, presidente, la invitiamo, invece, ad impegnare tutte le energie disponibili per cercare di attrarre in Molise nuovi imprenditori che, a prescindere dal concordato Ittierre, possano e vogliano impiegare la forza lavoro disponibile e ridare ai molisani la dignità di uomini utili alla società.
Presidente, non dimentichi nessuno, abbiamo tutti la ‘tessera del Molise, non solo 247″.

Un gruppo di ex lavoratori Ittierre

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