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Il coraggio dell’abbandono in ‘L’Arminuta’ di Donatella Di Pietrantonio

E dunque i lemmi dialettali, la circoscrizione in piccoli nuclei sociali dove la vita pullula con ansie e sacrifici portati dolorosamente sulle spalle degli adulti come dei bambini di quelle famiglie numerose il cui unico obiettivo era quello di trascinarsi nel vivere. Il doppio abbandono dell’Arminuta diventa la dolorosa piaga delle ragazze strappate alla vita ‘regolare’ al benessere emotivo ed esistenziale e scaraventate nel buio della mancata identità , del mancato riconoscimento morale ed emotivo, della condizione umana che tocca la disperazione di un mondo regolato dall’imbroglio, dalla necessità di sopravvivenza. 

Tutti elementi che non possono coincidere con l’appropriazione di un mondo di relazioni chiare, nitide, vere. Ed ecco prorompente il tema della maternità biologica contrapposta a quella acquisita. Le due madri ne escono danneggiate entrambe e salvate entrambe. La prima madre per aver abbandonato la carne della sua carne per mancanza di mezzi di sostentamento e la madre acquisita che ha accolto quella figlia per poi “restituirla” anteponendo il suo egoismo e l’interesse prevalente nella sua vita in quel momento contingente.

C’è un mondo in cui l’Arminuta farà i conti con le sue origini e collocherà la sua forza e la sua delicatezza di donna in quel nuovo mondo che si è appropriato di lei facendole vivere la morte del fratello Vincenzo, ma anche la tenerezza dell’amore tra sorelle, indissolubile ed eterno.
Adriana e l’Arminuta diventano così il simbolo della forza e del coraggio di due piccole donne che, da sole, ritrovano loro stesse nella complicità delle azioni, nella loro risata fragorosa ma anche nella loro sofferenza di bambine abbandonate che costruiranno a fatica la loro identità, l’una colpevole di essere sorella dell’altra.

La Di Pietrantonio, con la sua scrittura, scava solchi di dolorosa sofferenza che ritrovano il loro appianarsi nella veridicità delle pulsioni umane, vero ed unico motore della condizione umana che scavalca così impervie vie per arrivare alla ritrovata pace per aver vissuto tanta solitudine ed abbandono.
Per tutto c’è rimedio quando le radici trovano sostegno nel legame e nella condivisione e la giostra della vita trova i tentacoli per avere un sostegno al raggiungimento della felicità.

Il paradigma dell’Arminuta diventa quella scia lugubre e poi luminosa che attraversa la vita dei tanti e delle tante, vittime di abbandono, ma che ritrovano in loro stessi la vera ninfa vitale che esplora sempre nuove direzioni.

Ricordo che Donatella Di Pietrantonio è stata ospite a Campobasso lo scorso 8 febbraio nell’ambito della rassegna della XVI edizione di “ Ti racconto un libro” ( Laboratorio permanente sulla lettura e sulla narrazione) promossa dall’Unione Lettori Italiani in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Campobasso con il patrocinio del Comune e della provincia di Campobasso.

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