Sopravvissuti al crollo della Jovine diventano geologi per avere risposte: la testimonianza di Pia e Dino

Pia Antignani e Dino Di Renzo

Oggi a Isernia i due professionisti sono stati tra i relatori del convegno ’20 anni dopo San Giuliano di Puglia’


ISERNIA. Sono sopravvissuti al crollo della scuola Jovine e oggi sono diventati geologi per comprendere ed avere riposte. Questa mattina sono stati tra i relatori del convegno ’20 anni dopo San Giuliano di Puglia’, ospitato nella sala dell’auditorium ‘Unità d’Italia’ di Isernia.

Pia Antignani (mineralogista e gemmologa Laboratorio LabiGem – Laboratorio Italiano di Gemmologia Vicenza) e Dino Di Renzo (dottorando all’Università degli Studi di Ferrara) hanno spiegato cosa vuol dire andare ‘oltre le macerie’ tra memoria e conoscenza.

“Ho trovato la mia forza appassionandomi alla geologia che è una materia che mi ha consentito di comprendere, amare, rispettare tutti i fenomeni naturali del nostro pianeta compreso il terremoto, che tanto temevo – ha spiegato Pia Antignani – Soprattutto mi ha fatto capire che non esistono catastrofi naturali al giorno d’oggi, ma solo degli eventi naturali che poi diventano catastrofici per scelte dell’uomo che non sono sempre adeguate, che non sempre vanno nell’ottica della sicurezza. Come sopravvissuta ho il dovere di mantenere viva la memoria perché essa ci consente che la storia non si ripeta più e soprattutto ho il dovere, come geologa, di impegnarmi quotidianamente nella prevenzione perché credo che sia l’unico mezzo per evitare una nuova San Giuliano di Puglia”.

Tanti gli aspetti legati ai quei drammatici giorni che sono stati affrontati nel corso del convegno organizzato dal Consiglio nazionale dei Geologi e dall’Ordine regionale. Iniziativa che ha visto protagonisti 600 studenti in presenza e circa 2000 da remoto, tra Puglia, Piemonte e Campania.

Arcangelo Francesco Violo

“Sicuramente il terremoto di San Giuliano – ha evidenziato il presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi Arcangelo Francesco Violo – ha segnato le nostre coscienze per la tragedia dei bambini e il luogo dove è avvenuto: una scuola, luogo che deve essere considerato sicuro.

Però ha rappresentato anche uno spartiacque dal punto di vista normativo. Sicuramente, da quel momento, ci si è resi conto che bisognava stabilire nuovi criteri per le mappature della pericolosità sismica del nostro Paese”.

Oggi, a distanza di 20 anni, c’è ancora molto da fare in materia di adeguamento sismico perché “il patrimonio edilizio italiano, quello vulnerabile, è molto vasto – ha detto ancora Violo – Pensiamo a tutti i borghi, i centri storici per la peculiarità storica del nostro Paese che da un lato ne determina la grande bellezza, però crea dei problemi dal punto di vista delle risposte”. E poi c’è il patrimonio infrastrutturale, quello delle grandi arterie. “Si sta partendo – ha aggiunto infine – con le verifiche dei ponti e dei viadotti, sono oltre 60mila quelli che stanno per essere monitorati e studiati per pianificare e programmare le attività di adeguamento”.

Deborah Di Vincenzo