Termina a mani vuote e con molto rammarico la spedizione in campi stranieri delle italiane impegnate nelle finali


di Matteo Mongiello

Termina a mani vuote e con molto rammarico la spedizione in campo europeo delle italiane impegnate nelle finali, costrette a tre medaglie d’argento e a ‘leccarsi le ferite’ dopo le sfide di Budapest, Praga e Istanbul.

Quelle che erano partite per essere due settimane storiche per tutto il movimento italiano in Europa si sono rivelate alla fine storiche ma dal punto di vista prettamente negativo , con l’Italia diventata la prima nazione a portare tre squadre in finale senza riuscire ad alzare almeno un trofeo.

Nella notte del 31 Maggio a Budapest sulla Roma erano riposte la maggior parte delle speranze di poter riportare nella penisola italiana perlomeno un titolo europeo dato che l’avversario – il Siviglia di Mendilibar- era nettamente alla portata della squadra di Mourinho.

Dopo un primo tempo chiuso in vantaggio dai giallorossi grazie all’ennesima rete stagionale di un Dybala acciaccato ma sempre determinante , la Roma riparte nella ripresa con un baricentro basso concedendo più chance agli andalusi che sono bravi al 55’ con un cross insidioso del capitano Navas a trovare il pareggio con la sfortunata deviazione di Gianluca Mancini nella propria porta, mandando il match ai supplementari.

L’argomento principale della notte ungherese non è però la partita dal punto di vista tecnico ma l’arbitraggio dell’inglese Taylor , totalmente in giornata no; infatti il nativo di Manchester sbaglia moltissime decisioni non assegnando a dieci minuti dalla fine dei regolamentari un rigore solare alla Roma per fallo di mano e non espelle nei supplementari Ocampos e Lamela ,protagonisti successivamente nella lotteria dei rigori.

Non bastano 120 minuti per decretare il vincitore dell’Europa League e dunque è dal dischetto che si decide e la dea bendata arride per la settima volta nella storia della competizione al Siviglia che è impeccabile dagli undici metri con quattro rigori su quattro a segno , al contrario della Roma che ne sbaglia due su tre complice l’uscita anticipata di specialisti come Pellegrini, Abraham e Dybala, e la conseguente scelta dei rigoristi -Ibanez e Mancini a sbagliare- consegnando di fatto il titolo agli spagnoli.

Il 7 giugno alla Fortuna Arena di Praga toccava alla Fiorentina di Vincenzo Italiano ribaltare i favori del pronostico contro un certamente più ricco e completo West Ham.

Dopo un primo tempo caratterizzato solamente dall’increscioso lancio di una sigaretta elettronica sulla testa del capitano viola Biraghi dalla curva dei tifosi Hammers, costretto ad indossare una vistosa fasciatura, per ‘stappare’ la partita bisogna aspettare la metà della ripresa: uno sfortunato tocco di mano nell’area di rigore della Fiorentina proprio di capitan Biraghi porta Benrahma dal dischetto che è glaciale e spiazza Terracciano al 62’.

La reazione dei toscani non si fa attendere e il vantaggio degli inglesi dura solamente cinque minuti di orologio grazie ad una sventagliata di Amrabat sulla testa di Nico Gonzalez che sovrasta Emerson Palmieri creando una sponda per Bonaventura che con un colpo da biliardo batte Areola e regala il pari.

La Fiorentina spreca un paio di occasioni per trovare il vantaggio e nei minuti finali questi errori costano carissimo perché allo scoccare del 90’ Lucas Paquetà con un imbucata tra i difensori viola , imperfetti nella chiusura e nella realizzazione della trappola del fuorigioco, trova Jarrod Bowen che uno contro uno con Terracciano lo batte e manda in visibilio tutti i tifosi del West Ham presenti a Praga e per le strade di Londra.

Per l’allenatore David Moyes è il primo titolo dopo oltre mille partite in panchina e gli ‘Irons’ conquistano un titolo europeo a 58 anni di distanza dalla coppa delle coppe vinta nella stagione 1964-1965 ;  Per la Fiorentina il titolo europeo più recente resta ancora la coppa delle coppe del 60’-61’ e ottiene la seconda sconfitta in altrettante finali  in meno di un mese, chiudendo con zero titoli anche questa stagione.

L’epilogo della stagione calcistica coincideva con la finale più importante di tutti , quella del 10 giugno all’Ataturk tra i campioni di Inghilterra del Manchester City e l’Inter fresca vincitrice della Coppa Italia.

La netta disparità economica e tecnica delle rose preannunciava alla vigilia un esito scontato a favore dei cityzens ma il campo, sin a partire dagli spalti gremiti di nero e azzurro , ha detto tutt’altro ,con la squadra di Simone Inzaghi concentrata sin dalle prime battute e arrivata ad Istanbul per non essere certamente la vittima sacrificale.

Le occasioni di Bernardo Silva in partenza e di Haaland a metà prima frazione sono gli unici due squilli di una partita dominata più dalla tensione e dalla paura di perdere che dalla voglia di alzare la coppa al cielo.

Nel secondo tempo la prima grande occasione è tra i piedi di Lautaro che spreca un errore in costruzione di Bernardo e colpisce Ederson invece che cercare in mezzo un Brozovic solo e sicuramente meglio posizionato per colpire a rete.

Su questo errore cambia l’inerzia e il City si fa coraggio trovando il vantaggio al 68’ grazie ad un imbucata di Stones proprio per Silva che serve, complice anche una deviazione, Rodri a rimorchio che ,dall’altezza del dischetto, piazza un pallone imprendibile sia per il muro nerazzurro sia per l’estremo difensore Onana.

Da quel momento il City si arrocca a difesa del risultato e rischia dopo qualche minuto di essere raggiunto ,ma a salvare un Ederson piuttosto distratto nel match ci pensa la traversa che ferma Di Marco che non riesce a trasformare neanche la ribattuta ,murata dal suo compagno di squadra Romelu Lukaku.

Negli ultimi minuti l’Inter si volta all’attacco alla ricerca del pareggio rischiando di concedere il gol del definitivo KO sprecato però da Foden – entrato nel primo tempo per l’infortunato De Bruyne – prima che Lukaku si divori da pochissimi metri con un colpo di testa un gol già fatto, colpendo il portiere brasiliano al centro della porta e stroncando così gli ultimi tentativi di rimonta dei nerazzurri che interrompono la loro corsa al titolo a pochissimi metri dal traguardo.

La squadra di Pep Guardiola vince la sua prima Champions League completando il treble -Coppa nazionale, campionato e Champions League- diventando la seconda squadra inglese insieme ai cugini dello United a riuscirci, con l’allenatore spagnolo primo nella storia a realizzarne due in carriera dopo quello ottenuto con il Barcellona quattordici anni fa.Enorme la delusione per le squadre italiane che si sono fermati nell’atto finale mancando l’affondo decisivo utile per alzare una coppa al cielo ma la consapevolezza di essere stati all’altezza di squadre più fornite e ricche fa ben sperare tutto il movimento, pronto a riprovare ad inseguire un sogno già a partire dalla prossima stagione.