Alcuni punti salienti della ripartenza analizzati dal numero uno della task force chiamata a guidare la fase 2 dell’Italia dopo il lockdown. Punto fermo: l’apertura ad ondate per testare il sistema. Poi chiarisce: dal 4 maggio riportiamo al lavoro 4 milioni e mezzo di italiani


Mentre ci si avvicina alla fine del lockdown prosegue il dibattito sulla ripresa, con il Governo ‘additato’ da più parti per essere stato ‘timido’ nell’avvio della Fase 2.

Tuttavia, tra report e interviste sono gli stessi esperti a rispondere anche per conto del premier Giuseppe Conte, rivendicando la scelta della cautela e quindi del sistema progressivo di ripartenza, onde evitare la recrudescenza dei contagi da Coronavirus.

Il numero uno della task force impegnata a stilare i protocolli di sicurezza Vittorio Colao, ad Aldo Cazzullo del CorSera, ha fornito ulteriori precisazioni, affatto scontate.

“Dal 4 maggio – ha dichiarato, evidenziando come nel tam tam della comunicazione tale informazione sia passata sottotraccia – rimettiamo al lavoro quattro milioni e mezzo di italiani, tra costruzioni, manifattura, servizi collegati, ovviamente nel rispetto dei protocolli. Molti sono già partiti lunedì. Ne rimangono 2 milioni e 700 mila, più la pubblica amministrazione. È una base per poter fare una riapertura progressiva e completa. Sarà un test importante. Dipenderà dai buoni comportamenti. Un’apertura a ondate permette di verificare la robustezza del sistema”.

Una premessa non trascurabile, cui fa seguito il novero delle condizioni da garantire e poi monitorare per una ripresa delle attività in sicurezza: il controllo giornaliero dell’andamento dell’epidemia; la tenuta del sistema ospedaliero, non solo le terapie intensive, anche i posti-letto Covid; la disponibilità di mascherine, gel e altri materiali di protezione.

Ma dietro l’angolo c’è l’incognita di nuovi contagi, dal momento che il virus è lungi dall’essere sconfitto. Colao, in merito, ha evidenziato il metodo d’azione, lanciando il concetto di approccio microgeografico. “L’approccio non dovrà essere nazionale e neppure regionale, ma microgeografico – ha spiegato al CorSera – Occorre intervenire il più in fretta possibile, nella zona più piccola possibile. Abbiamo indicato al governo un processo. L’importante è che le misure siano tempestive; nella speranza che non siano necessarie”.

E incalzato sulla possibilità di prevedere interventi differenziati a seconda delle Regioni, in quanto ci sono realtà come quella umbra con 10 casi che ha esigenze diverse dalla Lombardia con quasi mille casi, Colao ha puntato molto sull’importanza di condividere informazioni tra una Regione e l’altra e soprattutto di analizzare le interrelazioni per individuare i focolai tempestivamente.

 Io ho mezza famiglia a Catanzaro e mezza a Brescia – ha detto – I numeri dell’epidemia sono molto distanti; nel lungo termine non li si può gestire allo stesso modo. Dovremo rispondere diversamente, per non penalizzare le zone che hanno meno casi. L’importante è che l’Italia si doti di un sistema per condividere le informazioni. La trasparenza sarà fondamentale. Se tanti lombardi e piemontesi vanno in Liguria, ogni Regione guarderà i suoi numeri, ma il ministero della Sanità dovrà guardare alle interrelazioni, per capire se il movimento crea focolai. Lo stesso vale per il corridoio di trasporto tra Lazio e Toscana. I numeri ci diranno quando potremo proseguire con le riaperture, minimizzando il danno economico e massimizzando la sicurezza”.

L’esperto ha poi sottolineato la necessità per i cittadini di imparare a convivere, almeno per un po’, con il problema Covid, ponendo l’accento anche sull’efficacia dell’App Immuni per il tracciamento dei contagi, purché venga resa disponibile entro maggio: “Potrà servire se arriva in fretta, – ha affermato – e se la scarica la grande maggioranza degli italiani. È importante lanciarla entro la fine di maggio; se quest’estate l’avremo tutti o quasi, bene; altrimenti servirà a poco”.

Ha altresì sgombrato il campo alle criticità connesse alla privacy, evidenziando: Non è stato scelto il sistema centralizzato, che manteneva l’identità di tutti i contatti. E’ stata scelta l’altra soluzione, quella Apple-Google. I contatti stanno solo sui telefonini delle persone. Quando scopro di essere contagiato, sono io che metto dentro un codice, che rilascia una serie di codici alle persone con cui sono entrato in contatto. Tutto avviene in modo anonimo”.

Infine, respingendo ogni ipotesi che lo vorrebbe intenzionato a tentare la carriera politica, Colao – che fa il manager a Londra – ribadisce l’impegno della task force per studiare adeguate misure di rilancio del sistema economico italiano. “Siamo all’inizio: abbiamo appena ascoltato il presidente della conferenza dei rettori, nei prossimi giorni sentiremo tutte le categorie. Siamo divisi in sei gruppi di lavoro, che coprono tutte le parti produttive e sociali: aziende, istruzione, turismo, cultura, famiglie, pubblica amministrazione… Abbiamo l’opportunità di fare in ognuno di questi campi cose che avrebbero richiesto molto più tempo. Mai lasciarsi sfuggire una crisi «Troppi? La presidenza del Consiglio ha creato tre strutture: il commissario Covid che garantisce che arrivino mascherine e altro materiale; il Comitato tecnico-scientifico, che esiste in tutti i Paesi; e noi, che siamo chiamati ora a fare proposte per il rilancio, per il 2020 e il 2021. Noi del Comitato economico-sociale siamo tutti volontari. Nessuno guadagna nulla, come è giusto che sia”.

 

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