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Mascherine di Stato, presto in vendita nei tabaccai. Ma farmacisti e industriali criticano il ‘Governo degli annunci’

Il commissario Arcuri spiega: “Il prezzo resterà 61 centesimi, gli speculatori se ne facciano una ragione”


ROMA. “Il prezzo delle mascherine resterà quello e cioè 0,61 centesimi. Inclusa l’Iva e non cambierà. È il prezzo giusto. Purtroppo per gli speculatori e per le categorie a essi simili, che se ne devono fare una ragione. La giungla non tornerà”. E nelle prossime settimane le mascherine a 50 centesimi si troveranno anche nei tabaccai: così ha sentenziato il commissario straordinario per l’emergenza coronavirus Domenico Arcuri, in occasione della conferenza stampa settimanale alla Protezione civile, aggiungendo poi: “Abbiamo sottoscritto i primi due accordi non esclusivi e confidiamo di farne altri ancora con reti di distribuzione altrettanto massicce”. Si parla della grande distribuzione e della distribuzione dei farmacisti.

“Nell’ultima settimana – ha detto poi Arcuri – abbiamo distribuito 36,2 milioni di mascherine alle Regioni, il 40% in più della settimana precedete e 208,8 milioni da inizio dell’emergenza. In tutto ce ne sono 55 milioni nei magazzini Regioni, sono sufficienti e continuiamo a distribuirli a personale sanitario, Forze ordine e Pa, trasporti pubblici locali, più Rsa e polizie locali. Da domani – ha aggiunto poi Arcuri – con le Regioni condivideremo la possibilità di inviare loro alcuni milioni di mascherine di comunità per distribuirli a categorie più deboli”.

“Noi stiamo facendo la nostra parte – ha aggiunto – e lo facciamo mettendoci la faccia. Dunque benvenute le critiche – che, spiega, devono venire “solo” dei cittadini. “Non è il commissario a dover rifornire le farmacie né i loro distributori, né si è mai impegnato a farlo. Né sono io a dover rifornire Confcommercio, Conad Federdistribuzione e Coop. Il commissario si è impegnato ad integrare le forniture, ove sia possibile, che queste categorie si riescono a procurare attraverso le loro reti”, ha continuato Arcuri.

“In questa crisi abbiamo pagato un pesante tributo in termini di colleghi contagiati e uccisi dalla COVID-19, mentre lavoravamo per i pazienti, e voglio credere sia stata messa la parola fine a illazioni e sospetti assolutamente intollerabili sul nostro operato”. Lo afferma infatti il presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti Andrea Mandelli, “prendendo atto della precisazione del Commissario Arcuri, che ha confermato come la responsabilità della emergenza mascherine non possa essere in alcun modo attribuita ai farmacisti”.

La Fofi, afferma Mandelli in una nota riportata da Ansa, “ben conosce la complessità e la gravità del problema della fornitura alla popolazione delle mascherine chirurgiche, e la necessità che si arrivi al più presto a una soluzione. Fin dall’inizio della pandemia, la FOFI, quale rappresentante della professione ed ente sussidiario dello Stato, aveva denunciato che il mercato era fuori controllo e che le farmacie non erano in grado di garantire l’offerta di questi dispositivi attraverso i canali tradizionali”. Nei mesi del lockdown, conclude, “pur tra crescenti difficoltà, i farmacisti italiani hanno continuato a garantire l’assistenza farmaceutica ai cittadini, nei giorni feriali come nelle festività, nelle ore diurne e di notte. Hanno garantito la massima sicurezza possibile all’interno dei presidi e operato per risolvere criticità come la carenza di ossigeno per i pazienti domiciliari e l’applicazione delle nuove regole sulle ricette elettroniche”. ​

Ma c’è di più. Dopo che ieri la Federfarma nazionale ha segnalato che “le mascherine a 0,50 centesimi sono già finite e sono introvabili”, Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia, in collegamento con la trasmissione ‘Coffee Break’ su La7 conferma che in alcune città “delle mascherine sono arrivate, però in quantità assolutamente insufficienti di fronte a una domanda fortissima”. La presidente dell’associazione titolari lombardi spiega: “In questo momento noi abbiamo bisogno di quelle mascherine. Se quelle importate dalla Cina non vanno bene, se ci sono delle aziende italiane che le devono produrre, se devono essere autorizzate dall’Istituto superiore di sanità e le devono dare ai grossisti, per piacere si faccia in fretta perché noi siamo senza”. E quanto al prezzo calmierato, si dice “ben contenta che ci sia. A me non interessa questo: mandateci le mascherine”, insiste.


L’operazione ‘mascherine di Stato’ viene bocciate anche dagli industriali. Sicindustria, per bocca del vice presidente vicario Alessandro Albanese, punta il dito contro “il governo degli annunci”. “Un flop i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti: farmacie a secco, approvvigionamenti a singhiozzo, distributori quasi fermi, importatori a corto di rivenditori dall’estero per il prezzo troppo basso imposto in Italia e imprese che, dopo essere state spinte dal governo a riconvertire le proprie produzioni, si trovano adesso alle prese con costi che non riusciranno a coprire”. Il Governo “ha colpito ancora: quando si procede con gli editti, senza una preventiva analisi dei fabbisogni, dei costi, delle coperture e delle dinamiche di mercato, purtroppo gli effetti sono sempre negativi. Così oggi ci troviamo di fronte a una situazione paradossale, con le farmacie senza dispositivi, i piccoli imprenditori che hanno interrotto le produzioni perché non più sostenibili e i rivenditori esteri che non trovano conveniente vendere il proprio prodotto in Italia. A questo punto il governo ci dica entro 24 ore dove reperire le mascherine chirurgiche a 50 centesimi. In caso contrario sarebbe più saggio dominare l’impulso dell’annuncio, piuttosto che poi riversare sugli altri la responsabilità delle proprie inefficienze”, conclude Albanese.

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