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Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che il singolo cittadino può citare in giudizio l’ente locale


da Domenico Carola

Il cittadino disturbato dai rumori della vita notturna può far causa al Comune.

Parola della Cassazione che con la sentenza n. 14209 del 23 maggio 2023 ha stabilito che il singolo cittadino può citare in giudizio l’Ente locale.

Il fondamento di tale prerogativa è la lesione dei diritti alla salute e alla vita familiare e della proprietà, tutti beni costituzionalmente e convenzionalmente tutelati dagli artt. 32 e 42 Cost., nonché dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La “movida” data l’alta concentrazione di pubblici esercizi in una stessa strada, che diviene luogo di ritrovo di avventori che sostano all’interno e in prossimità dei locali, è un fenomeno che produce un rumore costante e diffuso.

Così entra in gioco la previsione dell’art. 844 cod. civ. che detta il principio generale secondo cui il proprietario non può impedire i rumori o le immissioni di fumo e di odori derivanti dal fondo vicino se non superano la normale tollerabilità, avuto riguardo alle condizioni dei luoghi.

Quali possono essere le azioni?

Innanzitutto, il gestore del locale può rispondere anche penalmente per l’omesso controllo.

Secondo la Cassazione (sentenza 20927/2015) il gestore ha l’obbligo giuridico di controllare che i comportamenti dei clienti non sfocino in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza.

Questo non toglie che anche il Comune possa essere chiamato a risarcire il danno causato dalla movida ai cittadini residenti nelle zone interessate.

Infatti, l’Ente può essere condannato sia al risarcimento del danno patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive, sia a riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità.

Infatti, la pubblica amministrazione, al pari dei privati, è tenuta a osservare tanto le regole tecniche e i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni (in questo caso le strade), quanto il generale principio secondo cui tutti sono tenuti a non ledere l’altrui sfera giuridica.

Quando il comune paga?

Ovviamente la condanna non è automatica, ma presuppone un’indagine volta a stabilire se il Comune abbia posto in essere tutto quanto era in suo potere per ricondurre le immissioni rumorose entro i limiti previsti per ciascuna zona, secondo la sua classificazione acustica, e, in generale, per evitare o contenere gli altri effetti nocivi della movida.

L’accertamento, pertanto, come si legge nella sentenza n. 1261 del 13 marzo 2021 Tribunale di Torino, riguarderà il nesso causale tra i danni patiti dai privati e le azioni o le omissioni del Comune secondo i canoni generali dettati dall’art. 2043 cod. civ.

Infine, riguardo alla domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità il giudice può ordinare al Comune di attuare quegli accorgimenti che siano concretamente idonei a eliminare la situazione pregiudizievole.