Udinese e Verona si dividono la posta con un pareggio scoppiettante, mentre la Salernitana fanalino di coda esce sconfitta dal Franchi


di Matteo Mongiello

ROMA. Una super prestazione dell’Inter al Maradona permette ai nerazzurri di mantenere la vetta, tallonati da una Juventus vittoriosa a Monza all’ultimo respiro e dal Milan che torna al successo nella sfida al Frosinone; Udinese e Verona si dividono la posta con un pareggio scoppiettante, mentre la Salernitana fanalino di coda esce sconfitta dal Franchi con un sonoro 3-0.

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È ATTERRATO RUSLAN. Il ritorno nel nostro campionato dell’ucraino con la maglia del Genoa -dopo l’esperienza quadriennale con l’Atalanta e la breve parentesi di Marsiglia- ha aumentato esponenzialmente il tasso tecnico del grifone e dell’intera Serie A, ma l’inizio a intermittenza tra lampi e troppa sufficienza, misto a qualche panchina di troppo, non ha permesso di brillare.

Il punto di svolta era, però, dietro l’angolo e l’infortunio di Gudmundsson ha permesso al diciasette rossoblu di avvicinarsi maggiormente in zona offensiva e di lasciar finalmente libero il suo mancino, letale prima con il Frosinone e poi con l’Empoli, diventando così, grazie alle sue doti balistiche, il secondo miglior realizzatore da fuori area nei principali campionati europei, alle spalle solo di sua maestà Lionel Messi, dimostrandosi ancora una volta una garanzia persino per i fotografi.

LA ZONA CESARINI CHIAMA ANCORA. Il dogma di questa quattordicesima giornata recita ‘Tieni il meglio per il finale’, messaggio recapitato alla perfezione da Juventus,Lecce e Verona e campanello d’allarme per i tifosi e rispettivi cardiologi, sicuramente in totale disaccordo con questi maxi recuperi che ne hanno aumentato la mole di lavoro e le file per le prenotazioni di visite.

L’eroe nell’anticipo del venerdì sera a tinte bianconere è Federico Gatti, trasferitosi in via del tutto eccezionale in avanti per riacciuffare i tre punti, momentaneamente sfuggiti qualche istante prima per mano di Carboni, con il suo secondo gol in campionato, tanto goffo quanto efficace, per tenere l’Inter a vista.

Il Via del Mare è il teatro del secondo ‘last minute’ quando Calafiori atterra ingenuamente Falcone, professione portiere, a tempo scaduto, permettendo a Piccoli di battere dagli undici metri Skorupski, riprendendosi con gli interessi la gioia strozzata dal var nel finale con il Milan, fermando la corsa all’Europa dei felsinei.

Sono servite tante lacrime, pazienza e forza di volontà a Thomas Henry dopo la rottura del crociato che lo ha tenuto lontano dai campi per un anno e, l’ultimo respiro alla Dacia arena, sa tanto di rinascita per il francese che evita la nona sconfitta in campionato ai veneti e presenta la forte candidatura per ritornare a sgomitare nell’area di rigore, sua seconda casa dal quale è stato lontano fin troppo tempo.

LA DURA LEGGE DELL’EX. Le prime due presenze -condite da un gol- non sono bastate a Duvan Zapata per convincere Gasperini a non fare a meno di lui e la partenza direzione Torino granata ha obbligato il colombiano, con senso di vendetta,

a cerchiare in rosso sul calendario il 4 dicembre per poter mostrare sotto la luce dei riflettori l’errore nella sua gestione, che lo ha costretto fin troppe volte a disputare piccoli spezzoni di partita non riuscendo ad essere incisivo e decisivo.

L’inizio di avventura all’ombra della Mole Antonelliana non è stato dei migliori ma la fiducia del suo mister Juric non è mai mancata e quale, se non la sfida da ex, può esser considerata la miglior partita per firmare la prima doppietta con il Torino e rompere un digiuno di reti iniziato il 24 settembre e lungo ben otto partite, creando oltre al danno le beffa alla dea che, nella stessa settimana, perde anche il suo successore Scamacca per infortunio, aumentando la dose di rimpianti nella gestione errata del suo vecchio bomber.

FLOP

L’ENNESIMO ERRORE. In una vittoria tutto sommato meritata come quella dell’Inter a domicilio sul Napoli, a tenere banco è l’ennesimo e -purtroppo oramai abitudinario- errore della terna arbitrale con annessa complice la sala var, incapaci di intervenire in due situazioni che avrebbero sicuramente potuto cambiare il film di una partita terminata, poi, a tinte nettamente neroazzurre.

Il primo caso sotto la lente di ingrandimento riguarda l’inizio dell’azione che si conclude con la rete del vantaggio di Hakan Calhanoglu con una gran botta da fuori area, quando Lautaro Martinez riesce a recuperare un pallone conteso a Lobotka con una presa abbastanza energica non ravvisata da Massa nonostante la sua distanza dal contatto fosse minima, scaldando gli animi del match.

A infervorire ulteriormente i cinquantamila del Maradona ci pensa il var Marini, impossibilitato da regolamento ad intervenire sullo scontro a metà campo nel finire del primo tempo, quando a inizio ripresa concede il via libera a Massa, ritenendo un contatto di gioco lieve il tocco di Acerbi sullo scarpino di Osimhen, pronto a colpire verso la porta da dentro l’area di rigore e impossibilitato proprio dall’intervento del difensore della nazionale, troppo rude e probabilmente da punire con il tiro dagli undici metri.

IL SOLITO MOU. A stonare nella sera dei tre punti ottenuti a Reggio Emilia, frutto di un’altra rimonta con reti nei minuti finali-risorsa alla quale i giallorossi oramai non sembrano più riuscire a farne a meno- è il ‘terrorismo’ mediatico effettuato dallo stratega e, oramai, professionista del settore, Jose Mourinho nell’avvicinamento alla partita, in una conferenza stampa dove il portoghese sembrava averne per tutti e che ha portato la procura federale ad aprire un fascicolo dopo le sue parole contro Marcenaro.

Dopo aver attaccato il modo di comportarsi di Berardi – per lo Special One troppo poco leale e sportivo- ha spostato l’attenzione dei giornalisti sul tipo di arbitraggio adottato abitualmente da Marcenaro – per molti uno dei migliori giovani fischietti in circolazione ma per l’ex tecnico dell’Inter ‘instabile emozionalmente per partite di questo livello ‘- pronosticando addirittura un ammonizione, con tanto di squalifica, del suo capitano Mancini, cercando così di ‘lavorare’ sulla mente dell’arbitro della sezione di Genova, bravissimo a non farsi condizionare e a gestire al meglio una partita non iniziata, sin dalla vigilia, con i migliori presupposti.