HomeNotizieCULTURA & SPETTACOLIPremio Paci, quinto appuntamento: l’intervista a Bankeri

Premio Paci, quinto appuntamento: l’intervista a Bankeri

Il primo artista di questa edizione online in una chiacchierata a tutto campo con la critica d’arte Carmen D’Antonino


ISERNIA. Il primo artista di questa edizione “on line” è Bankeri, che ha scelto di rispondere alle domande della critica d’arte Carmen D’Antonino. Bankeri, in una chiacchierata molto genuina e sentita ci parla di onestà, di resistenza dell’arte che dai momenti di criticità estrapola momenti di riflessione e confronto, di giusta mediazione fra la poetica personale e l’inevitabile valore sociale di cui ogni artista più o meno intenzionalmente si carica.

La video intervista integrale è on line sulla pagina Facebook e sul profilo IGTV @arte_sm_ dell’associazione. Di seguito, un estratto.

CD’A – Arte inclusivista o escluvista? Ovvero: è giusto che l’arte si carichi di valori altri trasversali plurimi, che appartengono di più alle sfere delle scienze sociali, umane, urbane, ecologiche politiche o è più giusto perseguire l’idea Crociana dell’arte come disciplina autonoma?

B – Penso che di questa domanda nessuna delle due opzioni escluda l’altra nel senso che vive il proprio tempo si carica anche della critica che questo tempo porta inevitabilmente con sé. Al di là di questa mediazione c’è poi chi utilizza l’arte come mezzo per affrontare le tematiche sociali e c’è chi invece questa intenzione non ce l’ha e porta avanti il proprio mondo e la sua poetica. Tuttavia, anche in questa seconda opzione è difficile restare fuori del tutto dalle tematiche sociali. In qualche modo, il contemporaneo e il mondo in cui viviamo, entra per forza, nelle poetiche espressive. Non c’è un metodo giusto in assoluto, ma per quanto mi riguardo la mediazione è la strada che preferisco.

CD’A – Uno degli effetti collaterali di questa pandemia è che ci ha costretto a ripensare le nostre abitudini compreso quella di fruire dell’arte nei suoi spazi tradizionalmente intesi. In che modo è cambiato lo spazio dell’arte? Quali gli aspetti negativi e quelli positivi?

B – Secondo me non ci sono aspetti positivi. Quello che stiamo vivendo su tutti i fronti è un modo di vivere che censura gli slanci sia emotivi che espressivi. Potrei dire che un aspetto positivo potrebbe essere rappresentato dalla “negatività di questo periodo, il quale sotto un certo punto di vista può essere motivo di stimolo e di riflessione. Si tratta infatti di confrontarsi con qualcosa di molto diverso dalla normalità e questo nel bene e nel male produce dei risultati. Ma la mancanza di rapporto diretto con l’arte sia appunto una mancanza e tutti i surrogati che in qualche misura servono per dare soccorso sono una “resistenza” ma non possono essere così per sempre. Sarebbe impensabile.

CD’A – Qual è il ruolo dell’artista nei confronti della propria opera?

B – Credo che per tutti e anche per me, sia quello di essere onesti. Non bisogna cavalcare un periodo per ampliare la propria visibilità o il proprio modo di fare le cose. L’accettazione di sé stessi passa attraverso l’onesta di quello che si produce.

CD’A – Durante questa pandemia molti hanno usufruito della socialità dell’arte come momento di aggregazione “a distanza”. Pensi che questo potrà cambiare la posizione che l’arte ha nella società oppure si tratta di un momento transitorio che finirà col riportare l’arte in un ambito di nicchia come molti hanno sempre pensato e pensano?

B – Questa pandemia ci ha ridimensionati rispetto alla fruibilità dell’arte. Questo, tuttavia, secondo me non significa che le persone che non andavano in mostra, dopo la pandemia cercheranno l’arte a tutti costi. Chi non andava prima non andrà neanche dopo. Siamo fortunati ad avere a disposizione degli strumenti che ci permettono di divulgare i nostri messaggi in generale, però tutti noi io credo, non vediamo l’ora che questa cosa torni ad essere uno strumento di visibilità parallela. Secondo me una volta che tutto questo finirà l’arte tornerà dove stava prima e, anche la “dirompenza” di questa divulgazione, è fittizia, non è in realtà vista da tutti, è vista solo dagli addetti ai lavori.

CD’A – Quali prospettive evolutive prevedi nella tua ricerca?

B – Non lo so! Sono sempre restato molto aperto ai vari linguaggi che mi si sono presentati nel tempo, anche in funzione di quello che avevo da dire. Non ho una previsione reale, quindi. Durante il lockdown, ho affrontato per esempio, un lavoro fotografico. I miei mezzi sono stati il cellulare, la mia casa e una maschera da scimmia. Non avrei mai pensato in tempi diverso da questo di fare un lavoro del genere, probabilmente non avrei avuto la giusta ispirazione. Tornando alla domanda di prima, forse, anzi certamente questo è un aspetto positivo, quello di aver ricevuto uno stimolo positivo, produttivo, da un momento di forte criticità. In generale non prevedo il futuro rispetto alla mia ricerca, so soltanto che da qualche parte, continuerà a portarmi.

Iscriviti al nostro gruppo Facebook ufficiale

isNews è anche su Telegram: clicca qui per iscriverti

Per ricevere le nostre notizie su Whatsapp, clicca qui e salva il contatto!

Più letti

Tecniche di comunicazione per parrucchieri ed estetisti: il corso di Confartigianato...

La docente sarà Manuela Ravasio, beauty businness expert. Si articolerà in cinque lezioni CAMPOBASSO. L’importanza dell’approccio comunicativo è una priorità molto spesso richiamata dalle Categorie...
spot_img
spot_img
spot_img