HomeSenza categoriaProfughi a Monteroduni, il Pd: chiarezza sulla gestione dell’emergenza

Profughi a Monteroduni, il Pd: chiarezza sulla gestione dell’emergenza

MONTERODUNI. Sono giunti in Molise, a Monteroduni, dieci giorni fa. Sono fuggiti dall’Africa per approdare a Lampedusa ed essere poi smistati in diversi centri d’accoglienza, prima di trovare una sistemazione che si spera possa essere migliore. Si tratta dei 39 profughi oggi ospiti dell’Hotel Holiday. Trentanove giovanissimi, appena maggiorenni, che una delegazione del circolo Pd di Monteroduni ha voluto incontrare: per conoscere la loro realtà e porgere verosimilmente aiuto. Un incontro/confronto dal quale è scaturita una ‘pagina’ di riflessioni e impressioni. Ma, soprattutto, è scaturita la necessità di approfondire il tema della modalità di gestione delle emergenze sul territorio. “Entrati nel parcheggio dell’Hotel Holiday – si legge – li troviamo all’esterno a godersi le prime giornate di sole e di caldo. Sono divisi in tre o quattro gruppi, probabilmente in base alle differenti nazionalità. Ci osservano da lontano, salutandoci con la mano mentre entriamo nella struttura per parlare con i titolari. ‘Sono bravissimi, non danno alcun problema. Appena arrivati abbiamo assistito a scene strazianti: mezzi nudi, scalzi, tremavano dal freddo. Certo, l’emergenza non è ancora terminata’: ci confessa Annalisa, con il fratello Sante titolari dell’hotel. Tornati all’esterno chiediamo un incontro e veniamo assaliti da una moltitudine di mani che stringono le nostre chiedendoci ‘How are you?’, accompagnato dal loro nome. Sono una quarantina di ragazzi tra i diciotto e i trent’anni, provenienti dai più disparati stati dell’Africa sud-sahariana: Costa d’Avorio, Gabon, Ghana, Gambia, Mali, Senegal. Sono partiti dalla Libia, da Tripoli, e hanno raggiunto le coste siciliane a bordo di uno dei tanti barconi della speranza. Ci sediamo attorno a un tavolo e ci rivolgiamo ai pochi che parlano inglese. Sui volti di molti i segni di guerre e sofferenze lontane, cicatrici, occhi profondi che scrutano i nostri alla ricerca di una speranza. C’è chi i segni diretti dei conflitti se li porta con sé, con un proiettile conficcato nella clavicola da circa tre mesi. Ci parlano dell’accoglienza, dei loro bisogni, delle loro condizioni. Le locali associazioni di volontariato, privati cittadini, la Caritas e la parrocchia del paese non si sono fatti attendere attivandosi nei giorni immediatamente successivi all’arrivo a Monteroduni dei giovani profughi: infatti proprio in quei minuti arriva un furgone carico di indumenti usati e di cibo. E in religioso silenzio attendono, impazienti, di indossare qualcosa di pulito e caldo. Soprattutto attendono di poter indossare un paio di scarpe. I beni primari tuttavia sono limitati. Soprattutto sono due le esigenze impellenti: cibo e comunicazione. Nonostante la premura e gli encomiabili sforzi del titolare della struttura, permangono problematiche che non possono essere ignorate. I fondi europei messi a disposizione – prosegue la nota/racconto del Pd – non sono stati ancora sbloccati e permane ancora la fase di emergenza. Serve ad esempio un quantitativo di cibo disponibile per l’intero arco della giornata, almeno per coprire i primi giorni: biscotti, alimenti a lunga conservazione, cibo in scatola. Così come sono ancora senza risposta le richieste di mettersi in contatto telefonico con i propri cari, senza loro notizie da settimane. Ma, più in generale, aleggia molta confusione e incertezza su quello che sarà il futuro dei quaranta ragazzi nei prossimi mesi. Confusione e incertezza che coinvolgono anche la comunità di Monteroduni, non avendo ben chiaro se questa sarà una presenza duratura nel tempo o provvisoria, nei fatti senza aver avuto possibilità di confronto con le istituzioni. Le domande sarebbero molteplici, come ad esempio se sia umano tenerli di fatto isolati e ghettizzati lungo una strada statale, oppure come potrebbe agire il privato cittadino che intenda fornire supporto e aiuto: non un recapito, non un numero telefonico, non una comunicazione”. Ragionamenti, quelli offerti dalla delegazione locale Dem, che mirano ad approfondire (per usare un eufemismo) il tema della gestione delle emergenze. “Non volendoci addentrare nelle polemiche di questi giorni e non volendo partecipare al gioco del rimbalzo di responsabilità, – prosegue lo scritto – pretendiamo però la dovuta chiarezza sulla gestione dell’emergenza al fine di tutelare i profughi e la cittadinanza di Monteroduni, evitando che la situazione di per sé incandescente finisca per deflagrare. In una situazione di emergenza umanitaria, di dubbi e incertezze che coinvolgono i profughi e la nostra cittadinanza, rimpallarsi le colpe e voltarsi sarebbe quanto mai improduttivo. Tutelare la dignità umana e il rispetto delle regole di civile convivenza devono essere le priorità di cui le istituzioni, siamo certi, sapranno farsi carico. Ad oggi è a disposizione un’equipe di tre medici e sei infermieri coordinati dall’infettivologo dottor Roberto Patriarchi, che hanno preso in carico il problema dell’assistenza sanitaria degli ospiti. Sono state attivate anche le procedure amministrative per poter garantire agli stessi tutta l’assistenza territoriale prevista con il coinvolgimento del distretto sanitario di Isernia e dei medici di base del territorio. Tuttavia non un mediatore linguistico, non uno psicologo, non una figura di riferimento che possa gestire il nucleo sono ancora presenti all’interno della struttura. Solo gli encomiabili sforzi delle associazioni sopracitate, che continuano ad essere a disposizione nel coadiuvare in ogni sorta di aiuto – conclude la delegazione Pd – hanno evitato finora che la situazione esplodesse”.

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