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Si droga e picchia la madre, Di Lucente: “Serve un patto d’azione, non lasciamo sole le famiglie”

Dopo l’ultimo episodio di cronaca, avvenuto oggi a Campobasso, il consigliere regionale dei Popolari per l’Italia chiede un intervento coordinato, tra Regione, associazioni e forze dell’ordine


 

CAMPOBASSO. Assume droga, picchia la madre e aggredisce i poliziotti, il consigliere regionale dei Popolari per l’Italia Andrea Di Lucente è intervenuto sul caso di cronaca avvenuto oggi a Campobasso. “Leggere questa mattina dell’ennesima aggressione di un figlio tossicodipendente ad una madre – ha dichiarato – non può lasciarci indifferenti. Ma l’episodio di stretta cronaca c’entra ben poco: il problema è più generale e non può essere più rinviato”.

“Gli appelli che arrivano dalla società civile sono ormai numerosi – ha aggiunto il consigliere – Il procuratore capo di Campobasso, Nicola D’Angelo, lo ha detto in ogni occasione possibile: il fenomeno in Molise diventa ogni giorno più serio, radicato e pervicace. A fronte di tutto questo, però, ci sono risposte che non riescono ad essere efficaci, che non affrontano seriamente il problema”.

“Bene hanno fatto i colleghi Paola Matteo e Nico Romagnuolo a chiedere un tavolo tecnico sui fenomeni delle tossicodipendenze – ha rimarcato ancora Di Lucente – E’ un primo passo che la politica può compiere, ma è – appunto – solo il primo. Quando ogni giorno le colonne di cronaca regionale si affollano di notizie di sequestri di droga, di azioni criminose compiete sotto l’effetto di stupefacenti, quando sono le mamme che arrivano a denunciare i loro stessi figli perché la situazione è diventata insopportabile, la realtà non può essere ignorata. Va affrontata. E per farlo – ha puntualizzato – serve un’azione congiunta. La Regione, nell’ambito delle prerogative garantite dagli accordi Stato-Regioni, deve fare la propria parte. Ed evitare che il peso della gestione del percorso di riabilitazione sia un onere (morale prima ancora che economico) sia solamente delle famiglie”.

Da qui la sua proposta, di un sistema integrato di azioni che possano abbracciare l’intero spettro del problema: dalla necessità di una prevenzione che sia coordinata e sistematica (quindi non affidata solamente alla bontà e alla sensibilità delle singole scuole) e che esca anche dalle aule scolastiche per arrivare nei luoghi di ritrovo dei giovani, fino alle azioni di recupero e di reinserimento di chi nel tunnel ci è già finito.

“Perché tutto questo possa essere messo in campo serve un patto tra gli operatori e una regia comune che coordini le singole azioni. Viaggiare in solitaria oppure a compartimenti stagni non ci porterà ad affrontare seriamente il problema. Al contrario – ha concluso – coinvolgere tutti, dalle associazioni fino alla politica, potrà permetterci di stilare un piano d’intervento adeguato e rispondente alle esigenze di tutti”.

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