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Coronavirus, l’appello di 100mila medici: “Mappare gli asintomatici o rischiamo ondata di ritorno”

“La mappatura dei pazienti asintomatici o paucisintomatici, e di tutti i familiari dei casi conclamati di nuovo coronavirus, è indispensabile per non incorrere in un circolo vizioso, con ondate di ritorno dei contagi appena finirà il lockdown”. E’ questa la richiesta che circa 100mila medici di tutte le specialità hanno avanzato al Ministro della Salute Roberto Speranza e ai governatori delle regioni, attraverso una lettera in cui si sottolinea la necessità di rafforzare la medicina sul territorio, vero punto debole del servizio sanitario nazionale


L’appello, riportato dall’agenzia di stampa Adnkronos, è siglato “Medici Italiani gruppo Covid-19”, circa 100 mila camici bianchi che si sono uniti con l’obiettivo di prevenire una possibile ondata di ritorno della pandemia.  “Siamo giunti alla conclusione – scrivono i medici – che il trattamento precoce può fermare il decorso dell’infezione verso la malattia conclamata e quindi arginare, fino a sconfiggere, l’epidemia. Il riconoscimento dei primi sintomi, anche con tamponi negativi (come abbiamo avuto modo di constatare nel 30% dei casi), è di pura pertinenza clinica e pertanto chiediamo di mettere a frutto le nostre esperienze cliniche, senza ostacoli burocratici nel prescrivere farmaci, tamponi, Rx e/o Tc, ecografia polmonare anche a domicilio, emogasanalisi, tutte cose che vanno a supportare la clinica, ma che non la sostituiscono”.

“Lo chiediamo – precisano gli autori della missiva – come medici che esigono svolgere il proprio ruolo attivamente e al meglio, dando un contributo alla collettività nell’interesse di tutti. Lo chiediamo – incalzano – perché tutti gli sforzi fatti finora col distanziamento sociale non vadano perduti, paventando una seconda ondata di ricoveri d’urgenza dei pazienti tenuti in sorveglianza attiva per 10-15 giorni, ma che non sono stati visitati e valutati clinicamente e che ancora sono in attesa di tamponi”.

Dopo quasi 2 mesi di confronto e scambio di informazioni sull’insorgenza della malattia, sul come contenerla, sul come fare, a chi rivolgersi, come orientare la terapia, come e quando trattarla – spiegano i medici del gruppo – siamo pressoché giunti alle stesse conclusioni: i pazienti vanno trattati il più presto possibile sul territorio, prima che si instauri la malattia vera e propria, ossia la polmonite interstiziale bilaterale, che quasi sempre porta il paziente in rianimazione.

Dagli scambi intercorsi e dalla letteratura mondiale – evidenziano – si è arrivati a capire probabilmente la patogenesi di questa polmonite, con una cascata infiammatoria scatenata dal virus attraverso l’iperstimolazione di citochine, che diventano tossiche per l’organismo e che aggrediscono tutti i tessuti anche vascolari, provocando fenomeni trombotici e vasculite dei diversi distretti corporei, che a loro volta sono responsabili del quadro variegato di sintomi descritti.

I vari appelli finora promossi da vari organismi e organizzazioni sindacali, che noi abbiamo condiviso appieno – ricordano i camici bianchi – sono stati rivolti a chiedere i tamponi per il personale sanitario, a chiedere i dispositivi di sicurezza per tutti gli operatori, che spesso hanno sacrificato la loro vita pur di dare una risposta ai pazienti, e”non si sono tirati indietro, nessuno. Ebbene – concludono i firmatari della lettera – proprio per non vanificare l’abnegazione di medici e personale sanitario, oltre ai dispositivi di protezione e ai tamponi, chiediamo di rafforzare il territorio, vero punto debole del Ssn, con la possibilità per squadre speciali, nel decreto ministeriale del 10 marzo definite Usca, di essere attivate immediatamente in tutte le regioni, in maniera omogenea, senza eccessiva burocrazia, avvalendosi dell’esperienza di noi tutti nel trattare precocemente i pazienti, anche con terapie off label, alcune delle quali peraltro già autorizzate dall’Agenzia italiana del farmaco.”

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